‘Ndrangheta, il viaggio nei ricordi dei fratelli Piromalli tra orgoglio e nostalgia. «Il palazzo non si è fatto in una botta»
«Quanti libri io potrei fare! Di quante ne ho passate e quante ne hai fatte…» dice Gioacchino mentre parla con il fratello Pino. E ricorda anche Lucky Luciano

REGGIO CALABRIA Una sorta di viaggio nei ricordi, un po’ nostalgico, ma con un pizzico di orgoglio per quanto fatto in tutti questi anni. È quello che emerge da una serie di intercettazioni effettuate dai militari del ROS di Reggio Calabria, coordinati dalla Distrettuale antimafia, finita nell’inchiesta “Res Tauro” che questa mattina ha portato all’arresto di 26 persone.
A parlare non sono affatto due soggetti qualunque, ma esponenti di spicco della cosca Piromalli egemone a Gioia Tauro da tempo quasi immemore, fin dagli inizi del secolo scorso grazie all’intraprendenza mafiosa dei fratelli Giuseppe (cl. ’21) alias “mussu stortu” e Girolamo (cl. ’18) alias don Mommo. Dopo la loro morte, ma già durante la detenzione di Giuseppe, in ogni caso le redini del potere mafioso erano state consegnate nelle mani della “commissione dei fratelli Piromalli”, composta da Antonio (cl. ’39) alias Catanese, Gioacchino (cl. ’34) e Giuseppe (cl. ’45) alias Facciazza, con il ruolo di quest’ultimo evidentemente prevalente rispetto agli altri.
Il viaggio nel passato
Gli inquirenti reggini – grazie alle intercettazioni – riescono a ricostruire i discorsi legati al passato della famiglia Piromalli, ma soprattutto la «famelica necessità di Pino Piromalli», dopo ventidue anni di detenzione, di «apprendere le dinamiche associative che avevano interessato la cosca», annota il gip nell’ordinanza. In sostanza, i fratelli maggiori di Pino “Facciazza” avevano sempre mantenuto un ruolo attivo nelle dinamiche associative, «acquisendo sistematicamente i proventi illeciti che dovevano, secondo regola mafiosa, essere divisi tra i tre fratelli Gioacchino, Antonio e Giuseppe» annota il gip, ma soprattutto si evidenzia che «i primi trattenevano, indebitamente, anche la quota spettante al fratello detenuto».
I rapporti con Lucky Luciano
Gli inquirenti annotano una prima conversazione risalente al 4 giugno 2021. A parlare è Gioacchino Piromalli (cl. ‘34) – incensurato nonostante i diversi giudizi promossi a suo carico – e il fratello Giuseppe, in presenza del nipote del primo. E inizia così il viaggio nei ricordi che li porterà indietro di circa ottant’anni. «(…) parliamo del quarantatré, del quarantadue…», raccontando di una trasferta in territorio campano quando sarebbero stati in affari addirittura con Lucky Luciano il gangster siciliano della Cosa Nostra Newyorkese. «(…) mi ho detto “Gioacchino vedi quanti soldi vuoi…”, i tiretti pieni di pila! e io non mi sono preso una lira!», ricordava. Il viaggio mentale continua fino a toccare la fornitura di armi ricevuta dal boss italo americano. «(…) e quando poi ci ha portato armi… c’era don Michelino Nasso, te lo ricordi a don Michelino? Hanno detto “il gangster dei due mondi… il più grande gangster… Luk Luciano…».
«Potrei scrivere libri!»
«Quanti libri potrei fare! Di quante ne ho passate e quante ne hai fatte…». Il tema della conversazione si sposta poi dagli anni ’40 ad un’epoca più recente. E, con un pizzico di orgoglio, Gioacchino Piromalli, pensando alle sue prodezze mafiose, parla di un possibile libro ma anche di esser stato lui stesso il fautore della più importante realtà commerciale di Gioia Tauro: il porto. «(…) mi ricordo quando il porto e venne da me sottoscritto… non vedi ora, manco guardano…». Per gli inquirenti – come riporta il gip nell’ordinanza – sarebbe un’affermazione che poteva trovare un senso logico solo se intesa come esercizio del permesso mafioso». Come peraltro lui stesso ha poi sottolineato con l’espressione «(…) sennò il nonno era… era disponeva, il nonno!». Ragionamenti, quelli di Gioacchino Piromalli, che trovavano pieno conforto nelle parole del fratello che gli riconosceva il ruolo di guida in quanto fratello più grande. «(…) effettivamente c’è stato da passare, quando… noi altri tre siamo più piccoli, lui è stato fino in fondo, fino adesso il capo famiglia di tutti e tre i fratelli, di tutti e quattro…».
I latitanti protetti
Altra conversazione riportata nell’inchiesta “Res Tauro” è quella risalente al 3 febbraio 2022, in località Ponte Vecchio, tra Giuseppe Piromalli e Antonio Zito. «Ah Nino, mi ricordo quel pazzo di Vincenzo Scali no… era latitante… scendeva da Milano, è venuto qua, è sceso a Gioia Tauro… minchia, arrivano là a Mammola l’hanno conosciuto subito che era lui e l’hanno arrestati a tutti e due, suo genero, il cognato di Don Pepè…». Un assist perfetto per Pino Piromalli pronto a rammentare di quando, lui stesso, si adoperava per fornire assistenza a suo zio Peppino (cl. ’21) all’epoca latitante. E ricordava, in particolare, di un episodio in cui si trovava insieme allo zio a bordo di una Alfa 2000 e, viaggiando in direzione del versante jonico, erano stati fermati ad un posto di blocco dei carabinieri. Questi ultimi, però, li avevano lasciati andare non avvedendosi che il passeggero a bordo di quella vettura fosse proprio il pericoloso ricercato. A nulla era valso – sempre secondo il suo racconto – l’immediato inseguimento da parte dei carabinieri, ma il giovane Giuseppe era riuscito, prima di essere nuovamente bloccato, a garantire allo zio una via di fuga.
L’ascesa dei Piromalli
A dimostrazione della storica militanza della cosca Piromalli anche di Antonio (cl. ’39) gli inquirenti riportano un’altra conversazione, questa risalente al 5 dicembre del 2022. I protagonisti sono ancora Pino Piromalli e Antonio Zito, in presenza di Giuseppe Zito, al quale i due «spiegavano quanto fosse stata impegnativa l’ascesa criminale della cosca di loro appartenenza», annota il gip.
«Giuseppuzzu… non si è fatto in una botta il grattacielo… ce ne sono voluti mattoni e mattoni e mattoni e mattoni e mattoni!». E ricorda ancora che la fortuna mafiosa della cosca Piromalli era passata da una sorta di “atto di forza” dello stesso Pino ai danni di esponenti della cosca Mammoliti, all’epoca particolarmente rispettati nel panorama criminale calabrese. Episodio che da un lato aveva sancito il potere della cosca Piromalli, dall’altro aveva decretato l’inizio del declino della cosca Mammoliti di Castellace di Oppido Mamertina. (g.curcio@corrierecal.it)
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