Cirò, i racconti del pentito Aloe. Il falegname appassionato di armi, «le propone alla ‘ndrangheta»
Il collaboratore di giustizia tratteggia la figura di un uomo conosciuto come il “Mastro”. «Le prende quando ha l’occasione»

CIRO’ La cosca Piromalli nel Reggino potrebbe contare su un arsenale da guerra come kalashnikov, pistole, fucili, munizioni, «cartucce israeliane», e c’è chi – nell’inchiesta “Eureka” – è invece intercettato mentre compone il “carrello della spesa”. «Ci mette dentro o i fucili che volete voi o due mitragliatori americani? Facciamo una guerra, compà». Poi ci sono le cosche di Cirò, dedite alle estorsioni, ma evidentemente attente anche ad irrobustire il proprio arsenale con «le armi nascoste nei tubi e poi sotterrate». Quest’ultimo dettaglio è emerso nel corso dell’inchiesta denominata “Saulo“, ordinata dalla Dda di Catanzaro e che ha colpito anche soggetti ritenuti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta di Cirò Marina, Strongoli e Cariati. E’ Gaetano Aloe, figlio dello storico boss Nick Aloe – brutalmente assassinato nel 1987 – a rendere edotti i magistrati antimafia delle dinamiche criminali dei clan del Crotonese.
Il “Mastro”
Il collaboratore di giustizia riempie pagine di verbali e riporta tutti i dettagli utili a chi indaga per ricostruire il modus operandi e l’organizzazione delle cosche. In una delle dichiarazioni rese, Aloe fa riferimento a un tale “Mastro”, «di professione falegname», che il collaboratore indica «come un vero e proprio patito di armi». Fin qui, nulla di particolarmente rilevante ma tracciando il suo identikit, Aloe svela un dettaglio inedito. «Avvalendosi di un canale tutto suo», il “Mastro” «procedeva all’acquisto per poi proporle ad eventuali interessati (…) le proponeva perfino alla ‘ndrangheta qualora avesse affari particolarmente vantaggiosi». Come avrà modo di precisare il pentito, il “Mastro” «le prende quando ha l’occasione, non so nemmeno dove le prenda e le propone (…) commercializza le armi, alla ’ndrangheta le porta, Dottore, quando tiene un affare le porta alla ‘Ndrangheta, poi magari fa gli affari più per fatti suoi».
«Se uno se si vuole andare a divertire per sparare…»
Nell’elencare altri soggetti gravitanti nella galassia delle armi del Crotonese, il collaboratore Aloe cita due fratelli originari di Torretta di Crucoli che si erano avvicinati alla cosca di Cirò. «So che loro sono appassionati di armi… So che ce le hanno». Il racconto prosegue, l’elenco dei presunti possessori di armi – fornito da Aloe – è piuttosto robusto. Il pentito riferisce di altri due soggetti che ritiene legali al sodalizio di Cirò, «la loro funzione principale era quella di favorire eventuali latitanti garantendo loro azioni di sostegno e supporto. Gli stessi, al contempo, disponevano di svariate armi che si procacciavano in autonomia» e «gli stessi sono in possesso di diverse armi che mettono a disposizione della cosca». Non solo munizioni, fucili e pistole necessarie ad armare i “soldati” dei clan, ma anche utilizzate per futili motivi o per divertimento. E’ lo stesso pentito a confermarlo. «Se uno se si vuole andare a divertire per sparare, loro li fanno divertire, hai capito?». (f.benincasa@corrierecal.it)
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