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Il crollo dell’impero economico della famiglia Vazzana: confermato il legame con la ‘ndrangheta

Dalle quote societarie alla gestione del bar di Volpiano, la Cassazione ha evidenziato operazioni finalizzate a salvaguardare il patrimonio familiare. Nessuna eccezione è stata accolta

Pubblicato il: 14/12/2025 – 15:30
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Il crollo dell’impero economico della famiglia Vazzana: confermato il legame con la ‘ndrangheta

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i ricorsi presentati dai membri della famiglia Vazzana, confermando la confisca dei beni già disposta dalla Corte d’Appello di Torino nell’ambito dell’operazione “Platinum”, collegata ad attività di ‘ndrangheta. Tra i ricorrenti figurano Mario Vazzana, 63 anni, considerato il principale coinvolto nel processo, la compagna Agostina Ceravolo, 52, i figli di lei Antonio e Cataldo Madea, e Anna Ida D’Erchie, moglie di Giuseppe Vazzana. La sentenza, emessa il 16 settembre dalla Sesta Sezione Penale presieduta da Gaetano De Amicis con relatore Federica Tondin, è stata pubblicata mercoledì 3 dicembre.
Il sostituto procuratore generale Elisabetta Ceniccola aveva chiesto l’inammissibilità del ricorso di Mario Vazzana e il rigetto di quelli presentati dagli altri familiari, sottolineando la fondatezza delle misure patrimoniali. Tra le contestazioni dei ricorrenti, vi era la presunta inesistenza della “pericolosità” di Vazzana, basata su affiliazioni risalenti a periodi successivi al 1991, e la regolarità di alcune operazioni economiche e societarie.
I giudici hanno tuttavia respinto ogni contestazione. È stato evidenziato che alcune società, come Extreme s.a.s., erano state costituite pochi giorni prima dell’acquisto del bar “La Corte” a Volpiano, formalmente intestato ai figli di Ceravolo, ma senza che venisse mai versato il prezzo concordato. La Corte ha ricostruito che la precedente proprietaria, la società “Ristorante Belmonte”, era stata svuotata delle risorse necessarie a fronteggiare debiti, mentre l’attività commerciale continuava apparentemente sotto terzi, a protezione dei beni dai creditori.
Anche i movimenti finanziari dei ricorrenti sono stati considerati sospetti. In particolare, l’assegno circolare da 10 mila euro tratto sul conto di Antonio Madea è stato ricostruito come un anticipo temporaneo, restituito successivamente con movimenti contabili che hanno portato a ricostituire il saldo precedente. L’acquisto di un veicolo di lusso da parte di Agostina Ceravolo nel 2017 è risultato incompatibile con le reali disponibilità economiche della famiglia, così come diverse operazioni immobiliari e societarie.
Per Anna Ida D’Erchie, la Corte ha osservato che i risparmi accumulati per l’acquisto di un immobile in via San Marco a Volpiano durante il periodo contestato non erano giustificati da spese familiari, configurando quindi un accumulo fittizio. Anche le quote societarie della Green s.r.l. e l’acquisto di un immobile nello stesso comune sono stati considerati operazioni fittizie, finalizzate a preservare il patrimonio familiare. La Corte ha rilevato che la ricorrente non era nemmeno consapevole della gestione della società, di fatto controllata e amministrata dal marito.
Con questa decisione, la Cassazione non solo conferma la confisca dei beni, ma condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, segnando la definitiva perdita dell’impero economico della famiglia Vazzana, strettamente legato alle dinamiche della ‘ndrangheta emerse nell’operazione “Platinum”. (redazione@corrierecal.it)

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