di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Il controllo del territorio e i legami, in Calabria, con le altre cosche. Ma non solo. Il presunto boss della ‘ndrangheta Rocco Anello, coinvolto nel maxi blitz “Imponimento” condotta ieri dalla GdF e coordinata dalla Dda della Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, nel corso degli anni avrebbe allargando i propri orizzonti e i confini criminali fino alla Svizzera. I primi “segnali” arrivano già dall’inchiesta “Gentleman” condotta dalla Dda di Catanzaro, culminata l’11 marzo 2015 con l’arresto di 32 persone, e dalla quale erano emersi alcuni contatti telefonici tra Rocco Anello e due contatti residente nel territorio elvetico, Carmelo Masdea – tra gli indagati – attivo nell’edilizia, Fiore Francesco Masdea e Marco Galati, entrambi tra i fermati.
LE ATTIVITÀ DI ROCCO ANELLO E L’AGENTE INFILTRATO Nelle numerose conversazioni captate dagli inquirenti si parla di import/export di pneumatici, mezzi meccanici e derivati del marmo. Ma non solo. Sebbene in quel periodo (era il 2013) Rocco Anello non risultasse titolare di alcuna attività imprenditoriale ma dipendente dell’azienda agricola dell’amico Vittorio Giardino, avrebbe comunque investito in diversi settori, come ad esempio quello alberghiero, della ristorazione, ma anche nel settore delle attività finanziarie per il tramite di alcuni prestanome. A confermalo è stata l’attività investigativa della Polizia Federale elvetica, effettuata nell’ambito del Gruppo di indagine creato grazie anche all’impiego di un agente infiltrato. È lui, infatti, ad entrare in contatto con Carmelo Masdea e Marco Galati, permettendo di riscontrare nei fatti quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia e di delineare, dunque, le attività della cosca in Svizzera. Dal traffico delle armi allo spaccio di moneta falsa, passando dalla gestione delle attività commerciali in territorio elvetico attraverso prestanome di comodo al trasporto di valuta verso la Calabria su richiesta del clan.
TRASPORTO DI ARMI E SOLDI FALSI Nel corso dell’attività investiga portata avanti grazie alla collaborazione internazionale e dalla FedPol, è emersa l’attività illecita finalizzata al traffico di moneta falsa il cui protagonista è proprio Carmelo Masdea. È lui in una conversazione captata a bordo della propria auto a parlare di banconote false con un soggetto sconosciuto, riferendo di «averne avuti ben fatti» e che «glieli ha dati a uno due volte e non se ne è accorto». Ma è nel maggio del 2018 che lo stesso Masdea, parlando con l’agente infiltrato, racconta di conoscere una persona in grado di procurare delle banconote false in tagli da 50 euro e di ottima qualità, al punto che anche lui le avrebbe usate per pagare una prostituta.
Banconote false, ma anche armi. Dal 17 al 19 novembre del 2017 è Carmelo Masdea a discutere con il nipote mentre i due si trovavano in Germania, parlando della disponibilità di una pistola per la quale aveva già trovato un acquirente. Un concetto “rafforzato” quando lo stesso Masdea parla di “quella cosa” e di una borsa che stavano effettivamente trasportando in auto. A dimostrare quanto il traffico di armi da sparo fosse una delle attività portate avanti in Svizzera, c’è la trattativa avvenuta tra lo stesso Masdea e l’agente infiltrato. All’incontro concordato tra i due, lo stesso Masdea si presenta con un sacchetto di carta all’interno del quale c’era effettivamente un fucile d’assalto (un SIG “Fass 90”) in dotazione all’Esercito Svizzero, denunciato come rubato e già oggetto di ricerca.
I NIGHT IN SVIZZERA E IL RISTORANTE IN GERMANIA Gli interessi della cosca, guidata da Rocco Anello, erano perciò molteplici e variegati. Tra questi ci sono senz’altro i locali notturni in Svizzera che – come si legge nelle carte dell’inchiesta – erano gestiti da due referenti, Carmelo Masdea e Marco Galati.
«In Svizzera ci sono dall’82.. ho fatto i soldi ma me li sono mangiati in macchine e pu**ane» afferma lo stesso Masdea in una conversazione captata dagli inquirenti. Ma che gli affari di numerosi night club elvetici, di fatto, fosse in mano a persone considerate legate al boss Anello, è emerso dall’interesse di Carmelo Masdea nella riscossione di 150mila Franchi svizzeri che Bruno Conforto (un altro calabrese residente in Svizzera) doveva pagare al fratello Mario. Somma che si riferiva nello specifico al fitto del “Tiffany Club”, uno dei locali posseduti dai fratelli Conforto insieme al “Moulin Rouge” e lo “Schaffusen”. Entrambi sono i fratelli di Maurizio Conforto, colpito nel 1998 proprio insieme a Rocco Anello dal blitz “Elisabeth”, perché in concorso con altre persone aveva introdotto armi da sparo dal territorio elvetico a quello italiano. Dalle carte dell’inchiesta “Imponimento” è emersa inoltre la disponibilità di Rocco Anello di un altro locale, un ristorante situato a Mainz (in Germania). Si tratta dell’Eleganz, gestito sulla carta e formalmente da Levent Sonmez, marito di Eleonora Ielapi ovvero la figlia di Vito, considerato dagli inquirenti uno degli uomini di fiducia di Rocco Anello in Germania insieme allo stesso Levent. Ne è la dimostrazione l’intercettazione ambientale captata dagli inquirenti tra Rocco Anello e Carmelo Masdea a bordo di un’auto nel corso del viaggio di ritorno in Svizzera da Mainz. «Mannaia – dice Rocco Anello – “questo è il mio” mi ha detto Vito “il mezzo ristorante” ha detto “è il mio”. Grazie! T’u pagavi! (te l’ho pagato!)». (redazione@corrierecal.it)
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