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il blitz

Il tentativo di fuggire sul tetto e le armi in casa, così è stato catturato il boss latitante di Stilo – FOTO E VIDEO

Fernando Spagnolo si trovava nel casolare di una 46enne che è stata denunciata. Al momento dell’arresto preparava il pranzo

Pubblicato il: 20/03/2022 – 13:15
Il tentativo di fuggire sul tetto e le armi in casa, così è stato catturato il boss latitante di Stilo – FOTO E VIDEO

CALAI DEL MANCO Si nascondeva nei boschi della Sila, come prima di lui altri soggetti riconsegnati dalle inchieste come «vertici di ‘ndrangheta». Fernando Spagnolo, classe 55, tra i principali indagati nella recente inchiesta “Doppio Sgarro” della Dda di Reggio Calabria, irreperibile dal 2019, quando era stato imputato e condannato a piede libero per l’omicidio di Marcello Geracitano, è stato arrestato in località Casali del Manco, nell’entroterra Cosentino.

Il blitz

Nel pomeriggio di sabato 19 marzo i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria supportati dai militari del comando provinciale di Cosenza, dall’Aliquota Primo intervento di Reggio Calabria supportati dal personale dello squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria” hanno scoperto il presunto «boss macellaio», dacché titolare di una macelleria nel comune di Stilo, nella zona di Spezzano Piccolo. Alla cattura, arrivata a breve distanza dall’inchiesta “Doppio Sgarro”, si è giunti grazie a un’approfondita attività tecnica coordinata dai pm Nicola De Caria e Domenico Cappelleri, che hanno agito in collaborazione con i colleghi della Dda di Catanzaro. Intercettazioni ma anche conoscenza del territorio si sono rivelati fondamentali per i carabinieri che già da tempo avevano individuato la zona dove si nascondeva Spagnolo sfuggito alla cattura appena pochi giorni fa.

La cattura di Spagnolo nel casolare

Le investigazioni hanno condotto a rintracciare il latitante alle 14, all’interno di un casolare di campagna, intento a preparare il pranzo. All’arrivo dei militari, Spagnolo – protetto anche da sistemi di videosorveglianza e allarme – ha cercato rifugio sul tetto dell’abitazione, riconducibile a una donna cosentina 46 enne, sorpresa in sua compagnia e perciò denunciata in stato di libertà per procurata inosservanza di pena. Ma il nascondiglio non è sfuggito agli investigatori dell’Arma, che lo hanno arrestato in un intervento perfettamente riuscito, grazie anche alla professionalità dei Reparti impiegati, tra cui spiccano l’Aliquota di Primo Intervento di Reggio Calabria, specializzata in interventi risolutivi e lo Squadrone Cacciatori di Vibo Valentia, da sempre in prima linea nella cattura dei ricercati. Nel casolare sono state sequestrate diverse armi da fuoco.
Il presunto boss è stato associato alla casa Circondariale di Cosenza.


LA FIGURA

L’ascesa del clan di Stilo. I rapporti con le ‘ndrine e il pascolo abusivo sul “patrimonio Unesco”


L’inchiesta “Doppio Sgarro”

Nell’inchiesta scattata all’alba dello scorso 8 marzo, dove risultano indagati anche altri componenti della sua famiglia come il figlio Ilario, il nipote Gesen e il genero Cosimo Furina, vengono ricostruiti legami e dissidi della “famiglia” Spagnolo e gli altri gruppi attivi nella vallata dello Stilaro. Gli Spagnolo risulterebbero federati ai Taverniti e alle potenti famiglie di Gerocarne, nel Vibonese. Le inchieste, negli anni, hanno documentato il piano dei Taverniti – avallato dai “Gallace” – di conquistare il territorio di Stilo incontrando però le resistenze delle altre cosche, i “Crea” e i “Ruga”, che sfoceranno nell’attentato quasi costato la vita allo stesso Enzo Taverniti, che subito dopo quel fatto aveva ricevuto la visita proprio di Fernando Spagnolo. Nel tempo, quest’ultimo, sarebbe riuscito a farsi strada su un territorio molto conteso fino a creare quello che gli inquirenti hanno definito come un nuovo “locale” di ‘ndrangheta.

Le pressioni sul Comune e sulla popolazione di Stilo

L’inchiesta “Doppio Sgarro” parte in qualche modo dalla sua figura, ricollegata a quella scia di sangue che spingerà gli inquirenti a vagliare più da vicino i rapporti tra le “famiglie” della zona. Il gip Giovanna Sergi, che nei suoi confronti aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere rispondendo affermativamente alle richieste della procura guidata da Giovanni Bombardieri, ne aveva evidenziato la «tracotanza mafiosa» che pesava come una «morsa sull’amministrazione comunale e sui cittadini vittime del loro fare abitualmente illecito». Le continue pressioni sull’amministrazione e il clima creatosi in paese avrebbero contribuito al commissariamento del comune sopraggiunto a maggio 2019. (f.d.)



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