VIBO VALENTIA Un grande elogio ai Carabinieri che già avevano lavorato al maxiblitz “Rinascita-Scott”, scattato all’alba del 19 dicembre 2019, i militari che hanno catturato a Genova Pasquale Bonavota, presunto capo del clan di ‘ndrangheta omonimo di Sant’Onofrio, di cui si erano perse le tracce da oltre 4 anni. Arriva da Camillo Falvo, procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia, titolare del fascicolo “Conquista”, l’inchiesta della Distrettuale antimafia di Catanzaro che, nel 2016, per la prima volta aveva azzerato proprio i vertici del clan Bonavota con l’arresto di sei presunti esponenti di prim’ordine.
Ma la storia del clan di ‘ndrangheta dei Bonavota fa parte a pieno titolo di uno dei più corposi capitoli della lotta alla criminalità organizzata calabrese, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri. Sebbene – finora – gli esiti giudiziari siano stati contrastanti, le migliaia di pagine che narrano rumorose operazioni quali “Van Helsing”, “Uova del Drago”, “Talita Khum” e soprattutto “Conquista”, consegnano una ricostruzione minuziosa delle attività criminali di una delle più potenti cosche ‘ndranghetiste, nata a Sant’Onofrio ma capace, negli anni, di estendere i propri interessi oltre i confini calabresi, raggiungendo Roma, il Piemonte e la Liguria. E forse non è un caso che proprio a Genova il Ros dei Carabinieri siano riusciti a catturare l’erede della famiglia di Sant’Onofrio, Pasquale Bonavota.
Toccherà alle indagini chiarirne i contorni ma intanto per l’erede del clan, titolo che gli spetta per discendenza e appartenenza, si aprono ora le porte del maxiprocesso alla ‘ndrangheta Rinascita-Scott, ancora in fase dibattimentale all’aula Bunker, dopo essere uscito indenne, finora, proprio dall’operazione “Conquista”. La condanna all’ergastolo di Pasquale Bonavota emessa dal gup è stata infatti ribaltata e cancellata a novembre del 2021 dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro. Un’indagine che, per la prima volta, aveva azzerato proprio i vertici del clan Bonavota con l’arresto di sei presunti esponenti di prim’ordine. Tutti accusati, a vario titolo, di omicidio, detenzione e porto di armi comuni e da guerra, danneggiamento ed estorsione continuata, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.
E, ai microfoni del Corriere della Calabria, è stato proprio il procuratore di Vibo, Camillo Falvo, a commentare il blitz che ha portato all’arresto di Pasquale Bonavota: «Sapevamo da tempo che poteva contare su una rete di favoreggiatori al di fuori della Calabria, per questo gli sforzi si sono concentrati soprattutto fuori dai confini regionali per cercare di individuarlo. Questo dimostra ancora una volta le capacità relazionali e le reti delle quali fanno parte tutte le più grosse ‘ndrine calabresi. E come noto quella dei Bonavota è una delle principali, come dimostrano gli atti giudiziari di tanti processi, anche se non sono arrivati a sentenza definitiva di condanna». Tra i processi in corso c’è soprattutto “Rinascita-Scott” «vedremo – ha detto Falvo – poi quale sarà la sorte anche di questo procedimento ma è importante che il provvedimento giudiziario sia stato eseguito. Dimostra ancora una volta che lo Stato è presente e quanto siano in gamba gli investigatori che hanno lavorato con una squadra fatta di investigatori di prim’ordine per la cattura Pasquale Bonavota».
È proprio dal procuratore vibonese che arriva l’elogio dei Carabinieri. «Hanno fatto un grande lavoro, dobbiamo fare i complimenti alla squadra che ha lavorato che poi è la stessa che ha lavorato su “Rinascita”. Sono riusciti ha ad assicurare la giustizia, quanto meno per la fase cautelare, uno dei latitanti considerati tra i più pericolosi nella classifica dei latitanti italiani». «Questo – secondo Falvo – dà fiducia un po’ a tutto l’ambiente, quello delle forze dell’ordine anzitutto, ma anche a quello giudiziario. Pasquale Bonavota, adesso, potrà partecipare ai processi e difendersi dalle accuse gravi di cui lo vedono imputato». (g.curcio@corrierecal.it)
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