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Confagricoltura, Giansanti: «Serve un piano straordinario dell’agricoltura» – VIDEO

L’assemblea di Confagricoltura “Agricoltori, protagonisti del futuro ambiente, territorio, impresa: gli attrezzi della Costituzione”

Pubblicato il: 12/12/2023 – 10:29
Confagricoltura, Giansanti: «Serve un piano straordinario dell’agricoltura» – VIDEO

ROMA Alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a Roma, l’assemblea invernale di Confagricoltura dal titolo Agricoltori, protagonisti del futuro ambiente, territorio, impresa: gli attrezzi della Costituzione”. L’appuntamento, all’Auditorium Parco della Musica si è aperta con la relazione del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti.

La relazione

Rivolgo un deferente saluto di benvenuto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La ringrazio, Signor Presidente, per aver voluto accettare l’invito a presenziare alla nostra Assemblea di fine anno. La Sua presenza è motivo di onore per la Confagricoltura e per me personalmente. Estendo il saluto e il sentito ringraziamento ai ministri presenti, ai parlamentari, a tutte le Autorità civili e militari, agli esponenti politici, ai rappresentanti delle Regioni, delle organizzazioni professionali e dei sindacati dei lavoratori. Consentimi di rivolgere un amichevole saluto ai dirigenti di Confagricoltura qui presenti, in rappresentanza di tutti i nostri associati che ogni giorno si impegnano per rifornire i mercati e per progettare il futuro delle proprie imprese. Sta per chiudersi un altro anno difficile. Nel secolo scorso, trascorsero più di trent’anni tra l’emergenza sanitaria della “Spagnola” e la Seconda guerra mondiale. La pandemia di Covid 19, invece, era ancora in corso quando la Federazione Russa ha avviato la sciagurata aggressione dell’Ucraina. E nelle ultime settimane il conflitto è nuovamente esploso in Medio Oriente. Stiamo attraversando una fase assolutamente eccezionale per la velocità con la quale le crisi si stanno manifestando. Una dopo l’altra. In queste condizioni, la contrapposizione sta prevalendo sulla collaborazione tra gli Stati e le tensioni geopolitiche sono crescenti tra democrazie, autocrazie e Sud globale. Il Mondo ha sempre superato le catastrofi. Sarà così anche stavolta. Ma quando le molteplici crisi in atto saranno finalmente alle spalle, ci troveremo ad operare in un contesto nuovo e più sfidante sotto il profilo economico. Dai tassi d’inflazione, ai costi energetici e del credito in salita, alla contrazione della crescita economica in Germania ed in Cina, i due paesi che hanno sostenuto in larga parte negli anni passati la dinamica del commercio internazionale. In ambito agricolo, il Brasile punta a consolidare il ruolo primario nella produzione di proteine vegetali. Le esportazioni di grano russo già incidono per oltre il 20 per cento sul totale globale. La Cina ha stoccato oltre il 50 per cento delle giacenze mondiali grano, mais ed orzo. Nei giorni scorsi, l’Arabia Saudita ha annunciato un solido programma di investimenti per la produzione di olio d’oliva. Dobbiamo, perciò, alzare lo sguardo dalle difficoltà presenti nella società e nelle nostre imprese, per provare ad immaginare il futuro che ci aspetta, formulando, di conseguenza, le proposte più idonee a gestire il cambiamento. Con razionalità, concretezza. E sano pragmatismo. Tra meno di un anno, si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. A seguire, nel mese di ottobre, si insedierà una nuova Commissione. Tra i primi impegni che dovrà affrontare l’Esecutivo della UE, spiccano le proposte sul bilancio pluriennale dopo il 2027 e una nuova riforma della PAC, la Politica agricola comune. L’Unione europea è di fronte ad un tornante decisivo. Si sono affievolite le speranze suscitate dalle decisioni straordinarie assunte durante la pandemia, prima tra tutte il “Next Generation EU”. Le decisioni sono diventate via via più difficili. Non si sblocca, ad esempio, il negoziato sul nuovo Patto di Stabilità e Crescita. Intanto, gli Stati membri con una maggiore capacità di spesa continuano a varare aiuti di Stato che, per dimensione, determinano disparità competitive tra le imprese nell’Unione. Se i costi energetici delle imprese tedesche sono inferiori ai nostri grazie agli incentivi pubblici, la libera concorrenza risulta falsata. In questo modo, si mette a rischio il funzionamento del mercato unico. Di fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico e dalla transizione energetica, l’Unione europea rischia di scivolare in una posizione di secondo piano in uno scenario globale segnato dalla competizione tra Stati Uniti e Cina. In questo quadro di instabilità e di incertezza, si pone la questione dell’allargamento dell’Unione all’Ucraina, alla Moldavia e ai Balcani Occidentali. L’allargamento è senz’altro un fattore stabilizzante per l’intera comunità internazionale, ma l’Unione difetta in termini di efficienza. I processi decisionali sono troppo lenti rispetto alle sollecitazioni di un mondo che cambia velocemente. Le dimensioni del bilancio attuale della UE, appena l’1,2 per cento del prodotto interno lordo dei 27 Stati membri, sono inadeguate. E la sicurezza alimentare assicurata ai cittadini europei costa solo lo 0,4 per cento del PIL dell’Unione. Il nuovo allargamento avrà un profondo impatto sull’agricoltura. L’Ucraina è tra primi esportatori di cereali e semi oleosi a livello globale. Nonostante le immense difficoltà poste dall’invasione russa, l’Ucraina è diventata nel giro di un anno il terzo fornitore di prodotti agroalimentari sul mercato europeo, per effetto della sospensione dei dazi e dei contingenti. Nel 2021, le importazioni degli Stati membri ammontavano a 7 miliardi di euro. Un anno dopo, sono salite a più di 13. E l’impatto destabilizzante su alcuni mercati è stato particolarmente sensibile. Sul piano istituzionale, in vista del nuovo allargamento, sono state già avanzate alcune ipotesi, tra le quali l’Unione a più velocità. Serve, in primo luogo, una modifica delle regole di funzionamento, a partire dalla definita affermazione del voto a maggioranza. Da parte nostra, siamo favorevoli, in via di principio, ad una Unione sempre più stretta tra un numero limitato di Stati membri, con una maggiore cessione di sovranità in linea con quanto stabilito all’articolo 11 della Costituzione. A 75 anni dall’entrata in vigore, la Carta Costituzionale continua ad essere un solido punto di riferimento per la democrazia. E per l’ordinato svolgimento della vita politica ed economica nel nostro Paese. I contenuti, in particolare, degli articoli relativi al lavoro, alla libertà d’impresa, alla tutela dell’ambiente e della biodiversità sono la bussola per l’attività nelle nostre imprese. Come in più occasioni ha posto in evidenza il Presidente della Repubblica, la Costituzione è una “cassetta degli attrezzi” insostituibile. Nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione, occorre ripensare in profondità anche la politica agricola comune, che dovrà essere estesa ai nuovi Stati membri a conclusione di un adeguato periodo transitorio.
Vanno differenziati gli interventi tra imprese che producono per il mercato e strutture che svolgono un ruolo di presidio del territorio. Un ruolo importante che va supportato e valorizzato con fondi distinti da quelli assegnati dalla UE all’agricoltura. Tutte le strutture che operano nel nostro settore, intendo sottolinearlo, svolgono una funzione fondamentale di presidio del territorio. Una differenziazione, però, è necessaria sul piano degli strumenti e delle risorse finanziarie. Le imprese che producono per il mercato dovranno fare affidamento su interventi in grado di assicurare un reddito, anche nelle fasi di grave instabilità dei mercati. Dovranno essere incentivati gli investimenti per la diffusione delle innovazioni tecnologiche. Inoltre, nuove ed urgenti misure vanno definite per la gestione dei rischi crescenti posti dal cambiamento climatico. Voglio, al riguardo, sottolineare che l’agricoltura italiana si caratterizza per i risultati già raggiunti in termini di riduzione delle emissioni inquinanti e benessere degli animali. Nella nostra visione, le imprese agricole sono destinate a diventare un centro di attività imprenditoriali diversificate che spaziano dalla produzione di cibo, alle energie rinnovabili fino allo stoccaggio al suolo del carbonio. La Confagricoltura ha visto per prima l’opportunità offerta dalla produzione di energie rinnovabili nelle nostre imprese. Se oggi il settore agricolo concorre per quasi il 10 per cento sulla produzione elettrica totale da fonti rinnovabili, è in gran parte merito dei nostri imprenditori. E’ giusto riconoscerlo. Un’agricoltura più digitale ed aperta alle innovazioni, inoltre, può diventare più attrattiva per l’occupazione giovanile. Pensiamo, perciò, alla realizzazione di appositi programmi di informazione sulla nostra realtà e di formazione professionale. La collaborazione con i sindacati dei lavoratori risulterà essenziale. L’impatto economico della pandemia dell’aggressione russa all’Ucraina ha riportato in primo piano la questione della sicurezza alimentare. Il cibo è stato addirittura utilizzato come un’arma. E come strumento di pressione geostrategica. Dopo aver imposto la sospensione dell’accordo sul grano dal Mar Nero, la Federazione Russa ha deciso di trasferire a titolo gratuito 200 mila tonnellate di grano ad alcuni paesi africani.
Negli ultimi tempi, si sono verificate situazioni che meritano una profonda riflessione, perché alimentano l’instabilità e le tensioni sui mercati a danno, in prima battuta, dei paesi emergenti più dipendenti dalle importazioni di derrate agricole. L’insicurezza alimentare si contrasta con un’azione globale, rimettendo al centro l’impegno multilaterale. La mancanza di cibo mette a repentaglio la coesione sociale e può accelerare un preoccupante processo che già vede i sistemi democratici in regresso a livello globale. A nostro avviso, tornerebbe anche utile una maggiore armonizzazione delle politiche agricole tra i principali produttori mondiali nell’ottica della sostenibilità ambientale. Va anche ipotizzata la creazione di scorte comuni per la pronta gestione delle emergenze a cura delle Nazioni Unite. Alla luce di queste considerazioni, riteniamo che la sicurezza alimentare dovrebbe essere uno dei temi salienti della Presidenza italiana del G 7. L’agricoltura italiana è tra le più avanzate a livello internazionale. In ambito europeo, a secondo delle annate e dei sempre più frequenti eventi climatici estremi, siamo testa a testa con la Francia per quanto riguarda il valore aggiunto. Anche in termini di produzione vantiamo primati assoluti. Per alcuni prodotti ortofrutticoli, siamo i primi al mondo. Il “Made in Italy” agroalimentare ha toccato il massimo storico di 60 miliardi di euro e continua a salire, nonostante le difficoltà innescate dall’inflazione e dal rallentamento dell’economia in Europa e nel Mondo. Il nostro punto di forza è rappresentato dal fatto che le nostre esportazioni sono differenziate su un’ampia lista di prodotti. Il risultato complessivo non dipende solo dall’andamento di poche produzioni. Nel periodo che va dal 2013 al 2022, la quota italiana sulle esportazioni totali della UE verso i paesi terzi è passata dal 9,5 all’11,3 per cento. La Francia è scesa dal 19,2 al 17,2 per cento. Anche le industrie della trasformazione hanno dato prova di grande vitalità. L’industria alimentare è la terza al mondo per robot installati. L’intera filiera agroalimentare – dalle imprese agricole fino alla ristorazione – è arrivata ad incidere per il 16 per cento sulla formazione del prodotto interno lordo. Tenendo anche conto dei mezzi tecnici per la produzione agricola, si sale oltre il 20 per cento. Sono 1, 4 milioni i posti di lavoro assicurati dalla filiera. Le potenzialità di crescita sono rilevanti, ma serve la messa a punto di un progetto a lungo termine, perché gli interventi del PNRR avranno termine nel 2026. Non è affatto scontato che si andrà oltre con l’emissione di debito comune, anche se la Commissione europea ha indicato che serviranno investimenti nell’ordine di 650 miliardi di euro fino al 2030 per la transizione ecologica e digitale. Nessuno Stato membro può pensare di poter procedere in modo unilaterale, mettendo per di più a rischio – come ho già evidenziato – il funzionamento del mercato unico europeo. A livello interno, sul piano della logistica, occorre in primo luogo ridurre sensibilmente la percentuale – che è attualmente di oltre l’80 per cento – dei prodotti trasportati su gomma. Occorre modernizzare le infrastrutture, a partire da quelle idriche, insieme ad una più accurata manutenzione e cura del territorio. La neutralità climatica è un obiettivo a lungo termine. Nell’immediato, il massimo impegno va assicurato con continuità alle iniziative più efficaci per l’adattamento al cambiamento climatico. C’è molto lavoro da fare. Però, voglio anche rilevare che l’agricoltura italiana ha già conseguito importanti risultati in termini di riduzione dell’uso di prodotti chimici, di emissioni inquinanti e benessere degli animali. Agricoltura e foreste assorbono già il 10 per cento del totale delle emissioni totali di CO2. Nella lista delle nostre priorità e degli obiettivi da raggiungere, c’è anche una più efficace e stabile integrazione tra tutte le parti che compongono la filiera agroalimentare. Il dialogo non può essere limitato alla fissazione dei prezzi e alle modalità di consegna dei prodotti. E’ necessario andare oltre per intercettare, insieme, i segnali che arrivano dal mercato e le aspettative dei consumatori. Una migliore collaborazione per la sostenibilità ambientale e la tracciabilità dei prodotti può dare vantaggi economici per tutti. Non solo: sarebbe anche il modo per ribadire con dati di fatto quella che è la responsabilità sociale ed ambientale del sistema italiano delle imprese agroalimentari. Mettendo da parte gli eccessi che, in qualche circostanza, hanno caratterizzato l’approccio della Commissione europea, la sostenibilità ambientale può senz’altro rappresentare un fattore di miglioramento competitivo e di crescita per le imprese.
La funzione delle imprese è quella di generare ricchezza e creare posti di lavoro stabili e retribuiti in modo adeguato. Nel caso dell’agricoltura, il ruolo non è soltanto produttivo. Il nostro settore – voglio sottolinearlo – è lo scheletro che regge il Paese perché risulta fondamentale ai fini della vitalità sociale ed economica delle aree interne. Per la conservazione del territorio e per mantenere vivo il legame tra città e zone extra-urbane. Come imprenditori, siamo consapevoli che le nostre responsabilità vanno oltre i confini delle nostre imprese. Impattano sul futuro dei nostri collaboratori sull’ambiente, sulla qualità dell’alimentazione e, quindi, sulla salute. Siamo consapevoli che operiamo al centro di un sistema di valori più ampio di quello economico. Per questo, continueremo ad impegnarci al massimo all’interno delle nostre imprese per contribuire al progresso dell’Italia e dell’Europa.

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