PIZZO Antonio Cerra, maresciallo della Guardia di finanza di 50 anni, era stato trovato morto l’11 maggio 2022 nella sua casa estiva a Pizzo, nel giorno in cui avrebbe dovuto essere sentito nel controesame nel processo Petrolmafie. Sul caso la procura di Vibo Valentia, guidata da Camillo Falvo, aveva subito aperto una indagine per dissipare ogni dubbio, delegando i carabinieri del Comando provinciale a svolgere accertamenti coordinati dalla pm Maria Cecilia Rebecchi. Gli accertamenti si sono focalizzati sulla ricostruzione delle ultime ore di vita del finanziere. Il sottufficiale, originario di Soveria Mannelli, aveva svolto attività di indagine nell’inchiesta “Petrolmafie” e avrebbe deciso di farla finita sparandosi alla testa con la pistola d’ordinanza. La pista del suicidio non pare convincere i familiari della vittima che hanno deciso di affidarsi allo studio legale Raimondi, presentando opposizione alla richiesta della procura. A luglio 2023, il pm ha chiesto al gip di archiviare il procedimento a carico di ignoti.
Il quotidiano “Domani” ripercorre il “caso” citando alcuni stralci dell’atto di opposizione dei legali alla procura. «L’assenza di tali informazioni pregiudica oltremodo la ricostruzione suicidaria offerta dall’ufficio di procura, in assenza peraltro di evidenze scientifiche in ordine alla natura auto o eterodiretta del gesto». L’8 agosto 2022, si è svolto l’avviso di accertamento tecnico presso i laboratori dei carabinieri del Ris di Messina, ma «nel fascicolo del pm non si riscontra alcun esito di tali rilevantissime operazioni». Sempre per la difesa, inoltre, risulterebbero acquisite «poche immagini (…) neanche depositate integralmente» delle telecamere di videosorveglianza.
Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia, il primo dicembre 2023, ha emesso la sentenza di primo grado per i 59 imputati nel procedimento scaturito dall’inchiesta Petrolmafie (qui tutte le condanne). L’operazione, scattata nel 2021, è considerata una prosecuzione di Rinascita Scott, il troncone principale la cui sentenza di primo grado è stata emessa il 20 novembre. Tra le pene più severe, i trent’anni al boss di Limbadi Luigi Mancuso e all’imprenditore Giuseppe D’Amico. Condannato ad anno, con pena sospesa, l’ex presidente della Provincia di Vibo Valentia, Salvatore Solano.
Per quanto riguarda, invece, il procedimento per chi ha optato per il rito alternativo, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, rappresentata in aula dalla pm Annamaria Frustaci ha invocato – davanti ai giudici della Corte d’Appello – la conferma delle condanne già emesse in primo grado nei confronti di 17 indagati, mentre è stata chiesta la riforma della sentenza per due imputati assolti. Si tratta di Filippo Fiarè e Gregorio Giofrè per i quali l’accusa ha chiesto 8 anni di reclusione ciascuno.
(redazione@corrierecal.it)
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