BOVALINO Una pioggia di fuoco dal cielo, poi i colpi esplosi ad altezza d’uomo, e la festa per celebrare la Madonna a Bovalino Superiore si trasforma nel teatro di un omicidio, quello del brigadiere dei carabinieri Antonino Marino, che sconvolge la Locride. Un momento di festa, durante la tradizionale gara di fuochi pirotecnici, che viene interrotto dalla ferocia di un gesto ordinato dalla ‘ndrangheta per vendetta nei confronti di un uomo che con il proprio lavoro stava ostacolando i traffici dei clan. A restare feriti nell’attentato, che si è consumato nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1990, anche la moglie e il figlio di quasi due anni del militare.
Era una vita normale quella condotta dal brigadiere dei carabinieri, già comandante della stazione di Platì e dopo il matrimonio traferito a San Ferdinando: una moglie, un figlio di appena due anni e un altro in arrivo. Ma il lavoro svolto dal militare lo porta a indagare su criminali senza scrupoli e casi di sequestri di persona, spaccio e produzione di sostanze stupefacenti, aggressioni e omicidi. Nella Locride è il momento di massima espansione di una ‘ndrangheta spietata che aveva trovato nei sequestri di persona un vero e proprio business, e il militare, profondo conoscitore delle dinamiche di criminalità organizzata, aveva collaborato anche ai casi di Marco Fiora, Claudio Marzocco e Cesare Casella. Un impegno per il quale era entrato nel mirino dei clan, così come altri prima di lui. Cinque anni prima, il 6 febbraio 1985, nel corso di un agguato di ‘ndrangheta era stato ucciso il brigadiere Carmine Tripodi, comandante della stazione di San Luca.
È la sera dell’8 settembre 1990. Il brigadiere Marino, originario del comune reggino di San Lorenzo, è con la moglie e il figlio a Bovalino Superiore in festa nei giorni in cui si celebra il miracolo dell’Immacolata. Un’occasione lontano dal lavoro in corso nella Piana di Gioia Tauro e per stare in famiglia, destinata però a trasformarsi in tragedia. Tra la folla, infatti, c’era un killer armato pronto a colpire e che approfittò della confusione generatasi durante lo spettacolo pirotecnico per esplodere colpi di arma da fuoco. La moglie Vittoria Dama – che aveva scoperto da pochissimo di essere incinta del bimbo che poi porterà il nome del padre – e il figlio di quasi due anni, Francesco, rimasero feriti alla gamba e al ginocchio. Il brigadiere fu colpito in pieno, portato d’urgenza in ospedale, morì poco dopo. A soli 33 anni.
Il delitto, consumatosi tra centinaia di persone e nel corso di una festa religiosa, scosse profondamente Bovalino e la Locride, e lasciò una profonda ferita in tutta la comunità che in quel momento si sentiva nel mirino e abbandonata da uno Stato che appariva sempre più lontano dai bisogni di un territorio flagellato dalla ‘ndrangheta. Non bastarono le indagini che partirono immediatamente e si concentrarono soprattutto su Platì con perquisizioni e interrogatori. Il caso rimase per quindici lunghissimi anni con diversi punti interrogativi. Soltanto nel 2014, dopo le rivelazioni di un pentito, si è arrivati ai mandanti ma mai all’esecutore materiale. Per l’omicidio di Marino furono condannati a trent’anni di carcere Francesco Barbaro e Antonio Papalia.
“Durante delicate attività investigative in aree caratterizzate da alta incidenza del fenomeno mafioso, a seguito di vile agguato, veniva attinto mortalmente da colpi d’arma da fuoco esplosi da malviventi, sacrificando la vita nella lotta alla criminalità organizzata”. Insignito con questa motivazione nel 1993 della medaglia d’oro al Valor civile, il brigadiere Marino viene ricordato ogni anno dall’Arma dei Carabinieri a Bovalino e San Lorenzo dove gli sono state dedicate due piazze. Mentre a Platì alla sua memoria è intitolata, dal 10 luglio 2009, la Caserma sede del Comando Stazione Carabinieri.
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