Inchiesta sull’urbanistica a Milano: per i giudici non c’è corruzione
Il Tribunale del Riesame revoca le misure per i due indagati: mancano gravi indizi

MILANO Non è sufficiente la «retribuzione del pubblico ufficiale», come i membri della commissione paesaggio di Milano che ricevono parcelle dai costruttori privati, per derivarne una «violazione del dovere di imparzialità» e quindi il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Lo sostengono i giudici del Tribunale del Riesame di Milano nelle motivazioni delle 2 diverse ordinanze con cui ad agosto hanno revocato, per assenza dei gravi indizi di colpevolezza, gli arresti domiciliari per l’architetto Alessandro Scandurra e la custodia cautelare in carcere per l’imprenditore di Bluestone, Andrea Bezziccheri, entrambi indagati per corruzione nell’inchiesta sull’urbanistica della Procura di Milano. Per i membri della commissione paesaggio che, durante la propria funzione, non si sono astenuti dal votare progetti immobiliari proposti dai committenti per cui svolgono attività come liberi professionisti, «sarebbe piuttosto ipotizzabile l’applicazione della fattispecie di abuso di ufficio» con riferimento al funzionario pubblico che «omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale». Il reato, tuttavia sottolinea il collegio Pendino-Papagno-Ghezzi dei giudici della libertà, è stato abrogato nell’agosto 2024
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