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La ‘ndrangheta «ingombrante» avvicina i giovani e inquina le istituzioni

In Calabria «la gente pensa che la criminalità crei posti di lavoro e lo Stato li distrugga». E la politica nazionale «è distante»

Pubblicato il: 28/01/2024 – 17:01
di Fabio Benincasa
La ‘ndrangheta «ingombrante» avvicina i giovani e inquina le istituzioni

COSENZA La carenza degli organici negli uffici giudiziari della Calabria è il tema ricorrente nelle relazioni ascoltate nel corso della inaugurazione dell’anno giudiziario a Reggio Calabria e Catanzaro. Un nodo irrisolto «da almeno trenta anni» tuona la presidente facente funzioni della Corte d’appello di Catanzaro, Gabriella Reillo. E le annotazioni dei colleghi non sono meno pesanti.
«Il distretto di Catanzaro, numericamente, è quello più esteso e complesso, ma a Reggio per esempio i magistrati sono di più. Capisco le logiche anche politiche, ma non capisco perché qui questo non si sia fatto», dice il procuratore generale di Catanzaro, Giuseppe Lucantonio. Che pone anche l’accento sulle difficoltà logistiche nell’operare nei distretti giudiziari della Calabria. «Lavorare qui non è come ad Aosta, è più complesso e non mancano neanche i disagi a cominciare ad esempio dai trasporti. I magistrati che arrivano qui, di fatto, è come se vivessero reclusi e questo non è accettabile».
Per il procuratore di Vibo Valentia, Camillo Falvo il problema riferito alle problematiche degli organici «va affrontato in modo diverso» ed «è chiaro che se un tribunale con pochi giudici deve trattare tutti i processi qualcosa la deve trascurare». Insomma, non mancano gli appelli e le stoccate a chi evidentemente dovrà intervenire per dotare le strutture di personale adeguato e di mezzi sufficienti a contrastare l’avanzare della mala calabrese, che non indietreggia e anzi continua ad espandersi ben oltre i confini regionali. A sottolinearlo, il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri impegnato – con la recente inchiesta “Eureka” – in un «nuovo orizzonte d’indagine, che non può essere limitato al territorio italiano, ma deve essere proiettato verso l’estero». Tradotto in soldoni, la ‘ndrangheta fa molti affari all’estero e per contrastarla servono investimenti e non solo investigatori.

La ‘ndrangheta e il coinvolgimento dei minori

Quello della criminalità organizzata calabrese sempre più internazionale e decisamente meno local, non è l’unico aspetto che preoccupa chi è impegnato in prima linea nella lotta al crimine. La straordinaria capacità attrattiva della ‘ndrangheta e i sistemi di reclutamento via social dei più giovani vengono attenzionati costantemente. A tal proposito, «il dato più allarmante è rappresentato – ha spiegato il pg Lucantonio – dai numeri progressivamente in aumento dei delitti di criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetistico, con un aumento del coinvolgimento dei minori nelle attività criminali di tale matrice».

‘Ndrangheta, politica e istituzioni

La mala calabrese viene considerata «un’ingombrante presenza all’interno di enti pubblici, istituzioni e politica», da chi opera nel distretto giudiziario reggino. I colletti bianchi animano la zona grigia, terra di incontri per appartenenti alle ‘ndrine e uomini d’affari in giacca e cravatta. Una criminalità organizzata capace di stare al passo con i tempi, riconvertendo precedenti attività illecite, «come nel caso del contrabbando di sigarette, ormai soppiantato dal traffico di stupefacenti che continua ad essere il suo settore operativo d’elezione ed in cui, non a caso, è protagonista assoluta a livello globale anche grazie alle capacità di condizionare le attività tipiche delle aree portuali». Tutto questo avviene, anche grazie al supporto di chi – seppur non affiliato – tende una mano ai boss. E’ la presidente facente funzioni della Corte d’Appello reggina Olga Tarzia a citare il caso di «operatori infedeli assoldati da soggetti legati alle cosche mafiose e che agiscono – in accordo con i funzionari pubblici preposti ai controlli – per far fuoriuscire lo stupefacente dal porto». Il riferimento è all’inchiesta denominata Tre Croci. Come anticipato dal procuratore Bombardieri, anche Tarzi sottolinea il «livello di assoluta primazia assunto dalle cosche di ‘ndrangheta su scala globale». Un dato, ha detto, «che si salda ai legami intessuti con i fornitori di cocaina stanziati nel Centro e Sud-America, oltre che con il controllo di contesti criminali nei Paesi del Nord Europa ove sono presenti appetiti scali portuali di importanza intercontinentale». Tra le operazioni più rilevanti vi è appunto l’inchiesta “Eureka”: le cui indagini sono state svolte dalla Dda reggina con la cooperazione internazionale delle collaterali Autorità giudiziarie di Belgio, Germania, Portogallo, Francia, Olanda, Spagna, Romania, Slovenia, Stati Uniti e Australia».

Le responsabilità e le opportunità mancate

Non sempre il lavoro, seppur egregio, di chi si impegna nel contrasto alle mafie è bastevole. L’assenza di supporto, le politiche miopi, la sottovalutazione di alcune dinamiche legate al contrasto della ‘ndrangheta rischiano di vanificare i risultati ottenuti con inchieste e controlli sul territorio. È il messaggio, per nulla velato, che lancia il procuratore generale presso la Corte d’appello di Reggio Calabria Gerardo Dominijanni, quando cita il caso delle imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria perché infiltrate dalla ‘ndrangheta, che «vengono sistematicamente accompagnate a sicura rovina, invece di essere risanate e rimesse sul mercato preservando la loro forza lavoro». Il pg ammette di aver trovato la disponibilità della Regione Calabria, del presidente Roberto Occhiuto e della vicepresidente Giusi Princi ma non della politica nazionale, «più che sorda». Sempre i rappresentanti politici, secondo Dominijanni, sono «distanti da Reggio Calabria, da Platì, da San Luca, da Rosarno, da Oppido, non comprendendo, la politica, che qui la gente pensa che la ‘ndrangheta crea posti di lavoro e lo Stato li distrugge». Ed infine, «mi chiedo se sia normale che non riusciamo a demolire gli immobili abusivi con le imprese di settore sequestrate e sottoposte ad amministrazione giudiziale, nonché con quelle gestite dall’Agenzia dei beni confiscati. La considero, questa, una vergogna. Come facciamo a pretendere dagli altri determinati comportamenti quando poi noi non siamo in grado di dare l’esempio»? (f.benincasa@corrierecal.it)

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