La scomparsa del giovane Francesco Aloi nel settembre 1994: un mistero lungo 31 anni
Aveva 22 anni. Nessun indizio, nessun testimone. Solo un frammento restituito dal mare. La sua vicenda resta un simbolo del vuoto giudiziario degli anni ‘90

È il 16 settembre 1994. Francesco Aloi esce di casa nel tardo pomeriggio. Ha ventidue anni, vive a Filadelfia (nel Vibonese) con la famiglia, è originario di Pizzo. Dice che deve incontrare degli amici in un paese vicino. Prende la sua Audi e si allontana. Da quel momento si perdono le sue tracce.
Qualche giorno dopo, l’auto viene ritrovata vicino alla stazione di Lamezia Terme. È chiusa, parcheggiata, non ci sono segni di effrazione. Nessun indizio, nessun biglietto, nessuna spiegazione. Gli inquirenti ipotizzano un allontanamento, ma nessuno ci crede davvero.
Per cinque mesi non arriva nessuna notizia. Nessuna telefonata, nessun avvistamento. Il nome di Francesco entra, in silenzio, nell’elenco lungo e irrisolto delle persone scomparse.
A febbraio 1995, la corrente del Tirreno restituisce un frammento di verità. Sulla spiaggia di Calamaio, a Pizzo, un pescatore trova un piede in avanzato stato di decomposizione. È ancora dentro una scarpa da ginnastica. Stessa marca, stesso modello di quelle che Francesco indossava il giorno della scomparsa. Il DNA conferma. Quel piede appartiene a lui.
Del resto del corpo non c’è traccia. Nessuno sa dove sia stato gettato, nessuno sa cosa gli sia stato fatto. Solo ipotesi. Nessuna certezza.
La famiglia Aloi non accetta quella verità parziale. La madre, Antonietta Pulitano, si rifiuta di seppellire quel piede. Dice che suo figlio non è lì. Che finché non lo rivedrà intero, vivo o morto, non avrà pace.
Passano gli anni, ma nulla cambia. Nessuna confessione, nessun testimone, nessun colpevole. Il caso si chiude nel vuoto. La sua è una delle tante lupare bianche che negli anni Novanta colpiscono la provincia di Vibo Valentia. Ragazzi, uomini, imprenditori, scomparsi nel nulla. Uccisi in silenzio. Senza lasciare traccia.
Francesco Aloi non è un boss, non è un affiliato, non è un nome noto. È un ragazzo di provincia, forse troppo vicino a qualcuno, forse colpevole di qualcosa che nel codice criminale non si perdona. Magari una parola di troppo, una relazione sbagliata, una compagnia scomoda. Forse.
Oggi, a più di trent’anni dalla scomparsa, non resta nulla. Nessun fiore sulla tomba. Nessuna verità. Nessuna giustizia. Solo un nome. E un mare che prende, e raramente restituisce. (f.v.)
Le altre storie dimenticate
- Carmelo Siciliano, vittima innocente della ‘ndrangheta nella strage del mercato di Locri
- Giovanni Ventra, il consigliere comunale di Cittanova ucciso per errore nel 1972
- Ucciso dal suo compagno di classe nel 1976: l’omicidio (per errore) di Ciccio Vinci
- Ucciso a 19 anni tra la folla: la “strage di Soriano” durante il torneo di calcetto
- Arturo Caputo, vittima innocente di ‘ndrangheta: ucciso durante la partita di Italia ’90
- Saverio Purita, soffocato e bruciato a soli 11 anni nel 1990. Un delitto ancora impunito
- Il “vendicatore dell’Aspromonte” che negli anni ‘60 provò a sterminare un’intera famiglia
- «Sergio Cosmai fu lasciato solo dalle istituzioni. Aveva contro tutta la città di Cosenza»
- L’omicidio (senza colpevoli) del direttore sportivo del Locri Stefano Carnuccio: un mistero lungo 31 anni
- La morte misteriosa del calciatore Vincenzo Cotroneo, tra ‘ndrangheta e “sgarro d’amore”
- Il dramma di Emanuele Riboli: sequestrato dalla ‘ndrangheta, ucciso e dato in pasto ai maiali
- La storia di Concetta Lemma, uccisa a 16 anni per vendetta
- Il barbaro omicidio del giovane Pino Russo. La sua “colpa”, essersi innamorato della ragazza sbagliata
- Domenico Cannata, ucciso da una bomba nel 1972 per non essersi piegato alla ‘ndrangheta
- Caterina Liberti, uccisa nel 1976 per aver infranto la “legge dell’omertà”
- L’omicidio dell’avvocato Capua e del suo autista. Un tentativo di sequestro finito in tragedia
- La faida di Seminara nata per uno schiaffo. La morte del piccolo Giuseppe Bruno al posto del papà
- Il piccolo Salvatore Feudale, ucciso nella faida di Crotone del 1973
- La morte dei bambini Bartolo e Antonio Pesce per una bomba collocata nel posto sbagliato
- La vita spezzata a 16 anni «per un errore»: trent’anni fa l’omicidio di “Mimmo” Catalano
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato